Federico da Montefeltro è nato il 7 giugno 1422 frutto di una relazione extraconiugale del conte Guidantonio con una giovane rimasta senza nome.
Fu senza dubbio una delle più celebri figure del Rinascimento: raffinato mecenate, abile condottiero, mise queste ultime sue doti, al servizio di Ferdinando I re di Napoli (1460), ma anche di papa Pio II contro Sigismondo Pandolfo Malatesta (1417-1468), signore di Rimini a cui sottrasse Senigallia e Fano.
Negoziò nel 1445 la cessione di Pesaro da parte di Galeazzo Malatesta ad Alessandro Sforza patteggiando per se l’acquisto di Fossombrone.
Così nel 1460 sposò Battista Sforza (1446-1472) figlia di Alessandro Sforza, che fu una grande protettrice di umanisti.
Per anni, Federico, si trovò a dirimere le dispute tra i Malatesta di Rimini ed il papato, ottenendo infine nel 1474, il meritato titolo di Duca di Urbino e quindi il riconoscimento del suo Stato.
Federico da grande mecenate, riunì letterati e artisti, presso il nuovo palazzo ducale, fatto erigere ad opera dei più importanti architetti dell’epoca, Luciano Laurana, Francesco di Giorgio Martini, Maso di Bartolomeo che realizzarono una delle più importanti opere artistico-architettoniche del Rinascimento italiano.
Nel Palazzo Federico con la moglie Battista raccolsero una collezione di manoscritti, miniati e vergati.
E nel 1475 Federico da Montefeltro investì più di trenta mila ducati per far miniare “il libro più bello del mondo”.
L’opera fu completata in due anni, si tratta di una bibbia in due volumi, realizzata con le pelli di cinquecento pecore e miniata da artisti come Domenico Ghirlandaio.
Il manoscritto passò alla storia come “La Bibbia di Federico da Montefeltro”.
Oggi tutta la biblioteca non si trova più nel Palazzo Ducale, i libri furono acquistati nel 1657, per soli dieci mila scudi da papa Alessandro VII ed ora conservati nella Biblioteca Apostolica Vaticana.
Federico da Montefeltro morì a Ferrara il 10 settembre 1482, durante la campagna militare contro Venezia.
Gli successe il giovanissimo figlio Guidobaldo, guidato e assistito dallo zio paterno, Ottaviano Ubaldini conte di Mercatello.